Gabriele D'Annunzio

D’ANNUNZIO

Gabriele D’Annunzio nacque a Pescara il 12 marzo 1863 in una facoltosa famiglia borghese. Come primo figlio maschio venne circondato da attenzioni e fu inviato al celebre collegio Cicognini di Prato. Qui si formò una solida cultura classica con larghe aperture alle letterature europee. Nel 1879, sedicenne, pubblicò la sua prima raccolta poetica, Primo vere, di ispirazione carducciana. Nel 1880, rivelando quell’attitudine di smaliziato regista della propria fama e della propria produzione, comunicò anonimamente alla stampa la notizia della propria morte, attese la pubblicazione dei necrologi e poi diffuse insieme la smentita e l’annuncio della nuova edizione di primo vere. Conseguito il diploma liceale, si trasferisce a Roma, dove si iscrive alla facoltà di lettere, ma si dedica interamente al giornalismo, soprattutto alla cronaca del bel mondo, alla quale partecipa direttamente, affermandosi come fascinoso letterato libertino. Nel 1882 pubblica Canto novo, una raccolta di liriche, e Terra vergine, una raccolta di novelle, che gli procurano un gran successo. Ormai celebre prosegue la sua scalata mondana e sposa Maria Hardouin, dopo una romantica fuga a Firenze, che gli procura tra il pubblico borghese l’aureola divistica e scandalistica di grande amatore e grande genio.

Si trasferisce a Pescara, ma si inaspriscono le strettezze economiche, perché D’Annunzio si sovraccarica di debiti. Tornato a Roma nel 1884 riprende i suoi ruoli di cronista e protagonista di riti di società, sempre in caccia di nuove avventure erotiche. Nel 1887 incontra Barbara Leoni (Barbarella), il suo più grande amore, il quale rianima la sua tensione creativa: nascono i primi romanzi: Il piacere(1889), Giovanni Episcopo e L’innocente (1892). Il successivo incontro con il superuomo di Nietzsche produce Il trionfo della morte, Le vergini delle rocce, Il fuoco (1900). In quest’ultima opera il poeta si ispira al rapporto con Eleonora Duse. Accanto alla Duse e in un clima di fervida creatività, D’annunzio vive presso Firenze come un principe tra servitori, cani, cavalli, oggetti di pessimo gusto,…egli inscena questa vita come opera d’arte, offrendosi da divo al pubblico. Esaurito il rapporto con la Duse, D’Annunzio si consuma in una vita di sfrenati sperperi, di amori aristocratici e passioni alla moda. Troviamo l’amore finito con Giusini consolato da Donatella, la raggiunge a Parigi a causa dei suoi debiti. D’Annunzio, pur lamentandosi del volontario esilio, gode del suo successo mondano che gli assicura lussi e piaceri. Dissipata una fortuna si ritira con l’americana Brooks (Cinerina) sull’atlantico. Nel 1914 la G.M offre al poeta l’occasione di tornare alla ribalta italiana con un ruolo di protagonista. Il 5 maggio 1915 aQuarto con l’Orazione per la sagra dei mille inizia la sua infuocata campagna per l’intervento contro gli imperi centrali portando al diapason il movimento nazionalista. D’Annunzio si arruola volontariamente e partecipa a numerose azioni navali e aeree. Ferito agli occhi, ne perse uno e chiese di tornare a combattere. Alla fine della guerra il poeta investì la sua immensa popolarità nella Marcia di Ronchi che lo portò ad occupare Fiume dal 1919 al 1920 per sventare l’annessione alla Jugoslavia, prevista dai trattai di pace. Piegato dall’intervento militare italiano, ma vittorioso visto che Fiume rimase all’Italia, il poeta si ritirò a Gardone (Brescia) al Vittoriale degli Italiani, dove visse fino alla morte. Qui visse un periodo grigio, quasi una lenta e melanconica decadenza. Il vecchio poeta si mostrò favorevole al fascismo, che lo colmava di onori e regalie mentre lo isolava e teneva sotto controllo. Si sentiva scalzato dal ruolo di salvatore della patria da Mussolini, che non amava, ma adulava per chiedere ed ottenere privilegi e prebende. D’Annunzio morì al Vittoriale il 1° marzo 1938.


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