Alessandro Manzoni

Alessandro Manzoni nasce a Milano il 7 Marzo 1785 dal matrimonio tra la ventenne Giulia Beccaria, figlia del Cesare autore del trattato Dei delitti e delle pene, e Pietro Manzoni, quarantaseienne conte di origine valsassinese (Como). La sensibile differenza di età, ma ancora più di indole e di cultura, erode presto l’unione dei genitori (la tradizione vorrebbe Alessandro in realtà figlio del minore dei fratelli Verri, Giovanni), cosicché Alessandro trascorre l’infanzia dapprima a balia nel lecchese (fino a 6 anni) per entrare poi nei collegi dei padri Somaschi. Sancita legalmente (1792) la separazione dei due genitori, Giulia si è nel frattempo unita a Carlo Imbonati e si è recata prima in Inghilterra e in seguito stabilmente a Parigi.

La formazione e le prime prove poetiche

Nel lungo periodo trascorso in collegio, contrassegnato da eccessiva severità e arretratezza educativa, Alessandro compone i primi tentativi di versi e di traduzioni ed è proteso verso le novità ideologiche che vengono d’oltralpe.

Nel 1798 passa a studiare presso i padri Barnabiti di Milano (il collegio frequentato dalla nobiltà milanese), potendo quindi frequentare la casa paterna, dove ha modo di conoscere Vincenzo Monti.

Terminato il collegio frequenta probabilmente i corsi dell’Università di Pavia e stabilisce amicizie con i migliori intellettuali del momento tra cui Foscolo. Trascorre intanto una giovinezza gaiamente spensierata. Tra il 1802-03 scrive testi che mostrano una tranquilla osservanza alla moda neoclassica allora imperante.

Alla fine del 1803 si reca a Venezia, dove inizia la composizione di 4 sermoni poetici, ultimati poi tra Lecco e Milano nell’anno successivo; si tratta di 4 testi di impronta satirica e moraleggiante, non privi di incertezze interpretative, ma che costituiscono la prima occasione di impegno riflessivo e morale.

Il primo viaggio a Parigi e l’amicizia con Fauriel

Una svolta consistente nella biografia si ha nel luglio 1805, quando, dopo la morte di Imbonati, Manzoni raggiunge la madre a Parigi e lì stampa, agli inizi del 1806, il carme In morte di Carlo Imbonati, ispirato da sentimenti stoici (non lasciarsi turbare dai dolori). Il giovane Manzoni da un lato delinea già un profilo di se stesso come scrittore impegnato moralmente, superando l’esperienza dell’estetica neoclassica, e dall’altro afferma la necessità che nello scrittore convivano il sentimento e l’emozione con la riflessione e la consapevolezza intellettuale.

La capitale francese era una realtà molto diversa dalla città in cui il giovane scrittore si era mosso fino ad allora e per di più egli non vi giungeva del tutto sconosciuto, preparato com’era dalla presenza materna, ma soprattutto accompagnato dal ricordo ancora vivo del viaggio compiuto 50 anni prima dall’illustre nonno Cesare Beccaria.

La migliore cultura del momento era rappresentata da quel gruppo di ideologi che, indifferenti all’ascesa napoleonica, proseguivano la tradizione del pensiero illuminista, riunendosi in sedi periferiche e aristocratiche, testimoni di una libertà intellettuale e di una profondità di riflessione molto particolari. Di questo gruppo, che ebbe una duratura influenza sul pensiero e sull’opera di Manzoni, faceva parte il meno giovane Fauriel (1772-1844), il quale, reduce dal tumultuoso periodo rivoluzionario, si era ormai dedicato interamente agli studi di filosofia, di storia francese e di letteratura romanza. La sua amicizia fu di grande valore per Manzoni, come ci testimoniano direttamente le numerose e importanti missive che i due si scambiarono. Attraverso le lettere manzoniane a Fauriel è possibile percorrere interamente il senso della ricerca poetica dello scrittore nel periodo più fecondo della sua vita.

La conversione religiosa e gli Inni sacri

Nel 1807 muore il padre Pietro, senza che Alessandro, già sulla via del rientro in Italia, abbia modo di rivederlo. L’anno successivo sposa con rito calvinista Enrichetta Blondel, di origine svizzera, che gli sarà ottima compagna. Interviene in questo periodo un maggior impegno di riflessione morale che avvia quel processo di rinnovamento ideologico-culturale, conducendo dalle originarie posizioni atee e giacobine verso un meditato cristianesimo.

Alla fine del 1808 è nuovamente a Parigi, dove gli nasce la prima figlia, Giulia Claudia, e dove medita di stabilirsi. Compone gli ultimi testi legati alla moda neoclassica.

Nel 1810 celebra nuovamente il suo matrimonio secondo il rito cattolico; nella primavera è colto per la prima volta da una di quelle crisi nervose che lo tormenteranno nel corso della sua lunga esistenza.

Intanto, per perfezionare l’avvicinamento alla religione cattolica, che ha coinvolto l’intera famiglia, Enrichetta abiurando al calvinismo, Giulia rivedendo le sue scelte essenziali, si ricorre al magistero spirituale dell’abate Eustachio Degola, influenzato dal pensiero giansenista.

L’educazione religiosa, cui tutti e tre i Manzoni si dedicano attivamente con discussioni e riflessioni, prosegue anche al rientro in Lombardia della famiglia, alla fine di quell’anno 1810.

L’incidenza di tale novità esistenziale non tarda a riflettersi anche nell’opera creativa. Nel 1812 Manzoni inizia a comporre il primo degli Inni sacri, la risurrezione, che vedrà la luce insieme ai successivi tre nel 1815. Se il genere letterario dell’inno di argomento sacro non era affatto una novità o un’invenzione manzoniana, del tutto sua era invece la volontà di tentare una poesia religiosa moderna, vera divulgazione poetica del dettato scritturale. Il tentativo non diede risultati uniformemente felici, ma la svolta degli Inni sacri resta decisiva per il percorso successivo dello scrittore, segnando un discrimine sia in senso stilistico che ideologico.

Le prime “poesie civili” e il Carmagnola

Gli eventi storici si erano intanto rimessi tumultuosamente in movimento. Manzoni assiste partecipe agli avvenimenti italiani ed europei e la sua poesia ne viene investita: scrive la canzone Aprile 1814 e Il proclama di Rimini.

Nel 1816 affronta un progetto letterario di maggior respiro, la tragedia di tipo romantico. Il Romanticismo europeo aveva fatto della produzione drammatica uno dei punti di maggiore innovazione e stava rivalutando l’opera di Shakespeare, per la quale Manzoni prova una grandissima ammirazione. Lo scrittore milanese ha anche una forte remora morale verso il genere teatrale; intraprendendo perciò la stesura della tragedia storica Il conte di Carmagnola egli è ben consapevole di tentare una carta letteraria e ideologicamente impegnativa. L’elaborazione di questa prima tragedia si protrae infatti fino a tutto il 1819, e il testo appare a stampa nel 1820, preceduto da una densa Prefazione in cui l’autore dà conto delle ragioni teoriche che hanno ispirato il dramma.

Intanto, nel 1818, aveva declinato l’invito a partecipare in prima persona al “Conciliatore”, motivando la mancata collaborazione dalla sua difficoltà a lasciarsi coinvolgere in occasioni pubbliche.

Dalle Osservazioni sulla morale cattolica all’Adelchi

La guida spirituale di Manzoni, monsignor Tosi, sollecita intanto il suo progetto a un’opera più dichiaratamente utile alla causa della religione cristiana, contro l’accusa mossa alla Chiesa romana di aver contribuito alla decadenza d’Italia. Nasce così la prima parte delle Osservazioni sulla morale cattolica, pubblicata nel 1819.

Portato a compimento il Carmagnola, Manzoni sente sempre più necessario un ritorno a Parigi, anche per approfondire la riflessione storica e letteraria. L’incontro con la cultura francese è sempre di grande stimolo: in questo soggiorno (1819-20) instaura nuovi contatti con le personalità che più lo colpiscono, quale il giovane e brillante storico Thierry.

Il Carmagnola aveva nel frattempo attirato l’attenzione di molti lettori, non solo in Italia.

A Milano, verso la fine di quell’anno, Manzoni comincia ad elaborare la sua seconda tragedia, il cui argomento (la storia longobarda) può essere stato suggerito in particolare dalle teorie di Thierry, impegnato a definire una particolare visione della storia europea in rapporto anche alla dialettica conflittuale tra i popoli e le razze. Ma già nel momento dell’ideazione lo scrittore, insoddisfatto delle analisi di molti storici precedenti, avverte l’esigenza di approfondire la riflessione storica su quel periodo: nascerà così il ‘Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia’ che affianca l’Adelchi.

Il periodo di maggiore attività creativa (1821-23)

Il 1821 è per Manzoni l’anno di maggiore attività creativa. Nel marzo, sulla scia di un improvviso vento insurrezionale suscitato da Carlo Alberto di Savoia nei patrioti lombardi, stende l’ode politica Marzo 1821, che a causa dell’evolversi sfortunato degli avvenimenti dovrà aspettare i fatti del 1848 per essere pubblicata.

Il 24 aprile intraprende la stesura del romanzo: i Promessi sposi.

Il 17 luglio giunge a Milano la notizia della morte di Napoleone, avvenuta due mesi prima nel lontano esilio di Sant’Elena: Manzoni compone di getto, sulla spinta di una forte commozione, l’ode che ne medita l’esperienza, Il cinque maggio, testo che la censura austriaca impedisce di pubblicare, ma che diventa subito divulgatissimo attraverso numerose copie manoscritte.

Il 1821 si conclude nell’incertezza se intraprendere, dopo l’Adelchi appena concluso, una nuova tragedia su Spartaco, oppure se gettarsi nel lavoro al romanzo.

Nel gennaio 1822 Manzoni aggiunge all’Adelchi i due Cori, sottoponendo il testo della tragedia all’esame della censura (che vi impose alcuni tagli e adattamenti) e provvedendo a far giungere una copia manoscritta dell’opera a Fauriel, che si doveva occupare di una rapida traduzione in francese.

Nello stesso anno completa l’elaborazione, iniziata ben 5 anni prima, del quinto inno sacro, La Pentecoste.

La presentazione delle due tragedie tradotte in francese è del 1823, e in quel volume fa la sua comparsa anche la ‘Lettera al Signor C*** sull’unità di tempo e di luogo nella tragedia’ con cui Manzoni intendeva replicare alle riserve del critico francese Victor Chauvet. Insieme alla densa Prefazione anteposta al Carmagnola, questo scritto indica un’esigenza che in Manzoni andrà facendosi sempre più consistente: quella di accompagnare la creazione poetica e letteraria con una riflessione teorica e linguistica di grande ampiezza e profondità.


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